Saggio sull'elba
- I MIEI LUOGHI
Terra confinata dal mare, sovrastata da cieli immensi ogni volta che navigo verso te su un mare di cristallo, emergi come per magia, all'improvviso, impavida regina nel mio cuore.
Sei il mio amore grande, a te ritorno impaziente con la mente ogni giorno; quando la vita lo consente, quasi sempre nei mesi estivi, corro emozionato a riabbracciare i tuoi profumi, nella casa delle mie radici.
Immersa nel verde, mi accoglie e mi accarezza ancora, come facevano i miei genitori, il viso.
Ritornare è ritrovare quei sassi, quel mare, le bianche spiagge, quegli alberi che mi videro bambino, antica amica, dolce testimone dei miei primi passi, incerti, sorretti da una voglia di correre, oltre la siepe delle mie molteplici curiosità.
Sei il mio amore grande, a te ritorno impaziente con la mente ogni giorno; quando la vita lo consente, quasi sempre nei mesi estivi, corro emozionato a riabbracciare i tuoi profumi, nella casa delle mie radici.
Immersa nel verde, mi accoglie e mi accarezza ancora, come facevano i miei genitori, il viso.
Ritornare è ritrovare quei sassi, quel mare, le bianche spiagge, quegli alberi che mi videro bambino, antica amica, dolce testimone dei miei primi passi, incerti, sorretti da una voglia di correre, oltre la siepe delle mie molteplici curiosità.
Nella mia terra, fertile e ubertosa, sdraiato sull’ amaca sotto l’ombra degli ulivi, rivivo come in un flashback episodi passati della mia infanzia, vissuti in un’epoca rurale, in un’Italia appena uscita da una guerra devastante, per poi miracolosamente vivere un boom economico senza precedenti; anche l’ Elba, naturalmente ne beneficiò con l’arrivo del primo turismo di massa, e il sorgere delle nuove strutture ricettive ma ne mutarono non poco l’aspetto primitivo e poetico di un’isola incontaminata in cambio di un benessere inaspettato pagato poi a caro prezzo con l’insorgere di devastanti abusi edilizi deturpandone come una ferita aperta l’antico aspetto.
Ciò detto, con una vena di rimpianto e un po' di rabbia, continuo nel mio racconto, ritornando ai miei pomeriggi afosi in cui nel dormiveglia rivedo mio nonno, curvo sulla zappa intento a dissodare la terra intorno alle siepi di vitigni ben curati, intorno a quella che era la sua casa , ascolto rapito il rumore del ferro che sembra accarezzare le zolle liberandole dalla prepotenza dell’ erba infestante, oppure ecco mia nonna, seduta sulle scale di granito della grande casa bianca intonacata a calce, che ricama intonando nenie della nostra isola; poi mentre mi sto assopendo lentamente in quel dolce tepore, risento il canto del gallo, il gracidare delle rane che sguazzano nel vicino ruscello, così come le sentivo allora, colonna sonora della mia gioventù perduta.
C’era un suono che amavo tantissimo, era il battito delle campane del Paese di San Piero, antico borgo sovrastante dall’alto della sua collina la piana di Campo, che ogni mezz’ora, scandivano il ritmo della vita di questa laboriosa comunità rurale, dove l’amicizia e la solidarietà erano parte integrale di un vivere civile, antico e pacifico. Ricordo il tempo della trebbiatura del grano, quando nel contado, ognuno provvedeva ad offrire la propria opera gratuita al vicino, così che tutti si aiutavano a vicenda nei lavori di una certa consistenza e difficoltà; al termine dell’ attività svolta , si finiva con una grande mangiata sull’aia celebrando con canti e balli il raccolto del grano che ora faceva bella mostra di se nei sacchi di liuta ben accatastati nei magazzini garantendo il fabbisogno dei contadini per il resto dell’anno; momenti di grande coesione e fraternità fra le famiglie e di divertimento dei numerosi bimbi, in epoca dove bastava davvero poco per essere allegri.
Parte della mia vita vive in questo piccolo mondo che ancora mantiene, in parte intatto, il fascino e la suggestione di antichi sapori, mentre l’altra metà reclama la mia presenza a Genova la mia città d’adozione, dove ho vissuto quasi tutta la mia vita, dove sono nati i miei figli ed i figli dei miei figli, dove sono legato da vincoli di riconoscenza nei confronti di una città che mi ha accolto come se fossi stato figlio suo.
Certamente questa duplice, chiamiamola seppur impropriamente nazionalità, ha influito e non poco, sul mio carattere, condizionandolo al punto di non permettermi mai, di poter fruire a pieno, il piacere del luogo in cui risiedo, la mia mente spazia e mi riporta sempre là dove sono partito… pensando alla casa vuota e a tutte quelle attività che mi attendono una volta ritornato con la dannata voglia di ripartire di nuovo…